Il recupero della salma del pilota Tommaso
dal Molin
Quel giorno Alberto Gianni era insieme al Bargellini intenti a costruire
un teatrino di legno per i figli, verso le quattro gli venne recapitato un
telegramma: - parta Genova con palombari recupero salma Dal Molin Desenzano stop
urgente Quaglia- (il commendatore Quaglia era l'amministratore delegato della
so.ri.ma.) il 18 gennaio 1930, durante un volo di prova ad alta velocità,
Tommaso Dal Molin precipitava nel lago di Garda col suo idroplano da corsa, un
Savoia Marchetti s-65, Dal Molin era il giovane maresciallo che alcuni mesi
avanti aveva brillantemente disputato agli inglesi la Coppa Schneider nel cielo
di Calshot, era ritenuto un grande pilota, tutte le ricerche e i tentativi di
agganciare l'apparecchio sconparso in 100 metri d'acqua erano riusciti vani, fù
così che il governo fascista pensò di rivolgersi ai celebri palombari, gli
ordini del Quaglia non si discutevano ed il Gianni, avvisati anche Mario
Raffaelli e Carlo Domenici si organizzò per partire subito per Genova dove
caricarono le attrezzature e gli scafandri rigidi su un camion e partirono per
Desenzano.
Arrivati sul posto presero per buone le indicazioni del pescatore che
aveva assistito al fatto, l'apparecchio doveva essersi inabissato tra la penisoletta di Sirmione e la punta di Manerba, a Desenzano le autorità misero a
loro disposizione un vecchio battello lacustre il Mincio che in poco tempo fu
trasformato dai palombari in una piccola nave recuperi, arrivati sul luogo
calarono le quattro boe e vi ormeggiarono il Mincio, il primo a cominciare le
ricerche fu il Franceschi che scese alla profondità di 96 metri
impantanandosi in uno stretto strato di fango, il tempo era brutto pioveva e a
quella profondità la visuale era scarsa e vedeva poco o nulla ma volle
continuare nella ricerca con scarsi risultati, si fece tardi e chiusero così la
giornata.
IL giorno dopo non pioveva ma spirava un vento gelido, si calò ancora il
Franceshi, arrivato sul fondo poco dopo trovò il relitto dell'aereo, giaceva
immerso nella poltiglia con le ali spezzate e il motore rincalcato per un tratto
dentro la fusuliera, si fece mandare un cappio dalla superfice e inbracò l'aereo,
operazione che durò quasi mezz'ora, quindi si vece tirare a galla, il verricello
sistemato a poppavia prese a tonfare il cavo si tese ma il relitto dell'aereo
preso dal fango non volle sapere di staccarsi, il Mincio s'incarenava ma non ci
fù nulla da fare dovettero abbandonare e cambiare l'attrezzatura, con la nuova
attrezzatura l'apparecchio venne sradicato dal fango, quando il Savoia Marchetti
fu a pochi metri dallo sperone della nave il colonnello Bernasconi si calò in una
lancia e si accorse che nella carlinga non vi era il corpo del pilota e disse
sgomento: -il posto è vuoto- avieri, operai e piloti che erano a bordo erano
sgomenti, il Gianni li calmò dicendo loro: -vedrete ragazzi lo troveremo-.
La carcassa dondolava come una campana a morto sul lago di Garda, il pilota
doveva essersi sfilato dal posto mentre l'apparecchio si inabissava il corpo non
doveva essere lontano, le ricerche furono sospese per il maltempo pioggia e
vento infuriavano sul lago, quando il Bargellini e il Franceschi tornarono da
Genova con la Torretta da Osservazione la calma si era ristabilita, faceva freddo
ma non pioveva, nel frattempo il Mincio aveva mutato ancora la fisionomia, alle
due pomeridiane del 29 gennaio, il Bargellini s'immerse nel punto in cui era
stato trovato l'S. 65 per un paio d'ore continuò le ricerche ma non trovò altro
che fango, alle quattro il Gianni prese il posto del Bargellini ,anche lui
brancolò a lungo nel fango senza trovare nulla, quella sera il Quaglia, appena
arrivato da Roma, radunò i palombari e gli fece capire senza giri di parole che
il corpo del Dal Molin doveva essere trovato ad ogni costo, l'avvenimento
occupava le prime pagine dei giornali il partito fascista aveva inviato sul
posto vari pezzi grossi, i gerarchi si facevano vedere spesso in mezzo ai
palombari battendo loro sulle spalle, con tanti occhi importanti arrivati da
Roma non occorreva molto per comprendere l'interesse attribuito dal Quaglia al
buon esito dell'impresa.
All'alba del 30 il Mincio salpò dal molo di Desenzano, alle otto aveva
terminato gli ormeggi alle boe collocate in cerchio sul punto prestabilito, a
bordo nessuno aveva voglia di parlare, gli avieri guardavano in silenzio i
palombari all'opera, nel frattempo con due motoscafi arrivarono a bordo anche il
colonnello Bernasconi e due sacerdoti, il ten. Vanini con i sottoufficiali Colombo, Caffarà, Beretta, Buffoni e Cavalli, dentro la torretta vi era il Franceschi che
per due ore venne spostato in ogni senso fra le sei boe, tutti gli occhi erano
fermi sul cavo che spariva a piombo sott'acqua, ma nessuno perdeva una parola di
quanto veniva detto al telefono, alle 10.25 il Domenici alzò il volto dal
cornetto, si volse alla folla e disse emozionato:-il Franceschi l'ha visto- il
Franceschi chiese di essere tirato sù, e quando uscì dalla torretta apparì
commosso e impacciato, il Gianni vece scendere la torretta direttamente nella
stiva e ordinò a Carlo di agganciare subito lo scafandro al bozzello, poco dopo
il Franceschi penetrò nel mostruoso scafandro provando gli arti che
scricchiolavano nel silenzio e sparì immergendosi nell'acqua grigio-olivastra,
ora i minuti passavano lentissimi-lo vedo disse il Franceschi è a due metri, ha
ancora il casco rosso in capo- quando un grosso nuvolone di fango avvolse il
palombaro rendendolo ceco, e quindi si fece tirare sù, quando gli tolserò il
coperchio, era pallido con gli occhi rossi e l'aria confusa, dopo essersi
schiarito la gola disse:-è sparito m'ha fatto effetto- il Bargellini prese il
posto del Franceschi visibilmente provato, aggiunsero altri ganci alle pinze ,
entrò nello scafandro, provò il telefono e si fece calare, in un minuto toccò il
fondo, poco dopo trovo il corpo - è lui disse è a un metro- e lo artigliò,
tirandolo sù il corpo abbracciò quasi lo scafandro, la voce del Bargellini era
rotta dall'affanno come durasse fatica a sopportare il morto, ma non lasciò la
presa, tutti gli occhi stavano sulle parole del Gianni che comunicava con il Bargellini, ogni tanto il casco rosso, sbattendo sul cristallo dell'oblò,
rintronava nello scafandro e non poteva fare a meno di osservare quel volto che
stava premendo sull'oblò con gli occhi spalancati che lo guardavano come vivi,
ma pensava anche agli occhi di quella donna, la madre, che l'ho aveva fissato a
lungo mentre gli avvitavano il coperchio dello scafandro sul capo, molte barche si avvicinarono
da ogni parte per fare corona al Mincio, in quel momento apparve la testa dello
scafandro e subito la faccia e le mani di Dal Molin, l'azzurro cupo della sua
tuta spiccava fra le mastrodontiche braccia dello scafandro poi il grido di una
madre: - Tommaso, o Tommaso, quel suo figlio che ora guardava il cielo a capo
riverso, ad un piccolo urto aveva voltato il capo dalla parte della madre. erano
le 12.25 del 30 gennaio 1930.
A tommaso Dal Molin è intitolato
l'aeroporto di Vicenza e l'annesso museo.
Sheda tecnica dell'aereo Savoia Marchetti
S-65:
________________________________
tipo
idrocorsa
equipaggio
1
progettista
Alessandro Marchetti
costruttore
SIAE-Marchetti
data primo volo
luglio 1929
esemplari
1
lunghezza
10.70 m.
apertura alare
9.50 m.
altezza
2.80 m.
superficie alare
118.54 m cubi
motore
2° Isotta Fraschini Asso
potenza
1000 hp
la struttura: monoplano ad ala bassa, a
sbalzo, l'S. 65 era un idrovolante a scarponi, caratterizzato dal doppio trave di
coda a sostegno dei piani orizzontali e dalla particolare formula bimotore che
vedeva i due motori alloggiati nella corta fusoliera posti uno in posizione
anteriore (azionante un'elica traente)uno in posizione posteriore (azionante
un'elica spingente) tra le due unità motrici era realizzato l'abitacolo.
i motori: Isotta Fraschini Asso 750
scheda tecnica:
_______________________________
costruttore
isotta fraschini
tipo
motore a w
n°cilindri
18
raffreddamento
ad acqua con pompa centrifuga
alimentazione
6 carburatori isotta-stromberg riscaldati ad acqua
distribuzione
DOHC 4 valvole per cilindro
lunghezza
2.196 mm.
larghezza
1.060 mm.
altezza
1.060 mm.
cilindrata
47.07 l.
alesaggio
140 mm.
corsa
170 mm.
rapporto di compressione
5.7:1
peso a vuoto senza mozzo elica
663 kg
potenza
900-930 hp a1.900 g. al min.
consumo
220g./cv-h
combustibile
benzina 87 ottani
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altri aerei italiani che
parteciparono alla coppa Schneider
aggiornato 5-4-12
©2012 team g.r.s.
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