lunedì 6 aprile 2015

 Il recupero della salma del pilota Tommaso dal Molin

Quel giorno Alberto Gianni era insieme al Bargellini intenti a costruire  un teatrino di legno per i figli, verso le quattro gli venne recapitato un telegramma: - parta Genova con palombari recupero salma Dal Molin Desenzano stop urgente Quaglia- (il commendatore Quaglia era l'amministratore delegato della so.ri.ma.) il 18 gennaio 1930, durante un volo di prova ad alta velocità, Tommaso Dal Molin precipitava nel lago di Garda col suo idroplano da corsa, un Savoia Marchetti s-65, Dal Molin era il giovane maresciallo che alcuni mesi avanti aveva brillantemente disputato agli inglesi la Coppa Schneider nel cielo di Calshot, era ritenuto un grande pilota, tutte le ricerche e i tentativi di agganciare l'apparecchio sconparso in 100 metri d'acqua erano riusciti vani, fù così che il governo fascista pensò di rivolgersi ai celebri palombari, gli ordini del Quaglia non si discutevano ed il Gianni, avvisati anche Mario Raffaelli e Carlo Domenici  si organizzò per partire subito per Genova dove caricarono le attrezzature e gli scafandri rigidi su un camion e partirono per Desenzano.
Arrivati sul posto  presero per buone le indicazioni del pescatore che aveva assistito al fatto, l'apparecchio doveva essersi inabissato tra la penisoletta di Sirmione e la punta di Manerba, a Desenzano le autorità misero a loro disposizione un vecchio battello lacustre il Mincio che in poco tempo fu trasformato dai palombari in una piccola nave recuperi, arrivati sul luogo calarono le quattro boe e vi ormeggiarono il Mincio, il primo a cominciare le ricerche fu il Franceschi  che scese alla profondità di 96 metri impantanandosi in uno stretto strato di fango, il tempo era brutto pioveva e a quella profondità la visuale era scarsa e vedeva poco o nulla ma volle continuare nella ricerca con scarsi risultati, si fece tardi e chiusero così la giornata.
IL giorno dopo non pioveva ma spirava un vento gelido, si calò ancora il Franceshi, arrivato sul fondo poco dopo trovò il relitto dell'aereo, giaceva immerso nella poltiglia con le ali spezzate e il motore rincalcato per un tratto dentro la fusuliera, si fece mandare un cappio dalla superfice e inbracò l'aereo, operazione che durò quasi mezz'ora, quindi si vece tirare a galla, il verricello sistemato a poppavia prese a tonfare il cavo si tese ma il relitto dell'aereo preso dal fango non volle sapere di staccarsi, il Mincio s'incarenava ma non ci fù nulla da fare dovettero abbandonare e cambiare l'attrezzatura, con la nuova attrezzatura l'apparecchio venne sradicato dal fango, quando il Savoia Marchetti fu a pochi metri dallo sperone della nave il colonnello Bernasconi  si calò in una lancia e si accorse che nella carlinga non vi era il corpo del pilota e disse sgomento: -il posto è vuoto- avieri, operai e piloti che erano a bordo erano sgomenti, il Gianni li calmò dicendo loro: -vedrete ragazzi lo troveremo-.
                                                              
La carcassa dondolava come una campana a morto sul lago di Garda, il pilota doveva essersi sfilato dal posto mentre l'apparecchio si inabissava il corpo non doveva essere lontano, le ricerche furono sospese per il maltempo pioggia e vento infuriavano sul lago, quando il Bargellini e il Franceschi tornarono da Genova con la Torretta da Osservazione la calma si era ristabilita, faceva freddo ma non pioveva, nel frattempo il Mincio aveva mutato ancora la fisionomia, alle due pomeridiane del 29 gennaio, il Bargellini s'immerse nel punto in cui era stato trovato l'S. 65 per un paio d'ore continuò le ricerche ma non trovò altro che fango, alle quattro il Gianni prese il posto del Bargellini ,anche lui brancolò a lungo nel fango senza trovare nulla, quella sera il Quaglia, appena arrivato da Roma, radunò i palombari e gli fece capire senza giri di parole che il corpo del Dal Molin doveva essere trovato ad ogni costo, l'avvenimento occupava le prime pagine dei giornali il partito fascista aveva inviato sul posto vari pezzi grossi, i gerarchi si facevano vedere spesso in mezzo ai palombari battendo loro sulle spalle, con tanti occhi importanti arrivati da Roma non occorreva molto per comprendere l'interesse attribuito dal Quaglia al buon esito dell'impresa.
All'alba del 30 il Mincio salpò dal molo di Desenzano, alle otto aveva terminato gli ormeggi alle boe collocate in cerchio sul punto prestabilito, a bordo nessuno aveva voglia di parlare, gli avieri guardavano in silenzio i palombari all'opera, nel frattempo con due motoscafi arrivarono a bordo anche il colonnello Bernasconi e due sacerdoti, il ten. Vanini con i sottoufficiali Colombo, Caffarà, Beretta, Buffoni e Cavalli, dentro la torretta vi era il Franceschi che per due ore venne spostato in ogni senso fra le sei boe, tutti gli occhi erano fermi sul cavo che spariva a piombo sott'acqua, ma nessuno perdeva una parola di quanto veniva detto al telefono, alle 10.25 il Domenici alzò il volto dal cornetto, si volse alla folla e disse emozionato:-il Franceschi l'ha visto- il Franceschi chiese di essere tirato sù, e quando uscì dalla torretta apparì commosso e impacciato, il Gianni vece scendere la torretta direttamente nella stiva e ordinò a Carlo di agganciare subito lo scafandro al bozzello, poco dopo il Franceschi penetrò nel mostruoso scafandro provando gli arti che scricchiolavano nel silenzio e sparì immergendosi nell'acqua grigio-olivastra, ora i minuti passavano lentissimi-lo vedo disse il Franceschi è a due metri, ha ancora il casco rosso in capo- quando un grosso nuvolone di fango avvolse il palombaro rendendolo ceco, e quindi si fece tirare sù, quando gli tolserò il coperchio, era pallido con gli occhi rossi e l'aria confusa, dopo essersi schiarito la gola disse:-è sparito m'ha fatto effetto- il Bargellini prese il posto del Franceschi visibilmente provato, aggiunsero altri ganci alle pinze , entrò nello scafandro, provò il telefono e si fece calare, in un minuto toccò il fondo, poco dopo trovo il corpo - è lui disse è a un metro- e lo artigliò, tirandolo sù il corpo abbracciò quasi lo scafandro, la voce del Bargellini era rotta dall'affanno come durasse fatica a sopportare il morto, ma non lasciò la presa, tutti gli occhi stavano sulle parole del Gianni che comunicava con il Bargellini, ogni tanto il casco rosso, sbattendo sul cristallo dell'oblò, rintronava nello scafandro e non poteva fare a meno di osservare quel volto che stava premendo sull'oblò con gli occhi spalancati che lo guardavano come vivi, ma pensava anche agli occhi di quella donna, la madre, che l'ho aveva fissato a lungo mentre gli avvitavano il coperchio dello scafandro  sul capo, molte barche si avvicinarono da ogni parte per fare corona al Mincio, in quel momento apparve la testa dello scafandro e subito la faccia e le mani di Dal Molin, l'azzurro cupo della sua tuta spiccava fra le mastrodontiche braccia dello scafandro poi il grido di una madre: - Tommaso, o Tommaso, quel suo figlio che ora guardava il cielo a capo riverso, ad un piccolo urto aveva voltato il capo dalla parte della madre. erano le 12.25 del 30 gennaio 1930.
                                                          




A tommaso Dal Molin è intitolato l'aeroporto di Vicenza e l'annesso museo.
Sheda tecnica dell'aereo Savoia Marchetti S-65:


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tipo                                                                     idrocorsa
equipaggio                                                          1
progettista                                                           Alessandro Marchetti
costruttore                                                          SIAE-Marchetti
data primo volo                                                   luglio 1929
esemplari                                                            1
lunghezza                                                            10.70 m.
apertura alare                                                      9.50 m.
altezza                                                                 2.80 m.
superficie alare                                                     118.54 m cubi
motore                                                                 2° Isotta Fraschini Asso
potenza                                                                1000 hp
la struttura: monoplano ad ala bassa, a sbalzo, l'S. 65 era un idrovolante a scarponi, caratterizzato dal doppio trave di coda a sostegno dei piani orizzontali e dalla particolare formula bimotore che vedeva i due motori alloggiati nella corta fusoliera posti uno in posizione anteriore (azionante un'elica traente)uno in posizione posteriore (azionante un'elica spingente) tra le due unità motrici era realizzato l'abitacolo.
i motori: Isotta Fraschini Asso 750


                        
scheda tecnica:
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costruttore                                                        isotta fraschini
tipo                                                                   motore a w
n°cilindri                                                            18
raffreddamento                                                 ad acqua con pompa centrifuga
alimentazione                            6 carburatori isotta-stromberg riscaldati ad acqua
distribuzione                                                      DOHC 4 valvole per cilindro
lunghezza                                                          2.196 mm.
larghezza                                                           1.060 mm.
altezza                                                               1.060 mm.
cilindrata                                                             47.07 l.
alesaggio                                                            140 mm.
corsa                                                                   170 mm.
rapporto di compressione                                     5.7:1
peso a vuoto senza mozzo elica                            663 kg
potenza                                                                900-930 hp a1.900 g. al min.
consumo                                                               220g./cv-h
combustibile                                                          benzina 87 ottani
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 altri aerei italiani che parteciparono alla coppa Schneider


                        
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