di MARCO CACELLI
L'affondamento del piroscafo LECCOSiamo nel 1927 il palombaro Alberto Gianni(foto in alto a destra) tornando a casa trovò un espresso della società lariana di navigazione che lo invitava a Como per esaminare con sollecitudine la situazione del relitto del piroscafo Lecco appena affondato nel lago di Como il 18 marzo, questo battello-salone era affondato durante un pellegrinaggio di religiosi guidati dal vescovo che portava in giro per il lago il sacro teschio di San Luigi Gonzaga; la festa era nel pieno quando la folla rimasta a riva si accorse dalla posizione del piroscafo (appruato al punto che la poppa spariva sott'acqua) che qualche cosa non andava, e tutto poteva accadere, era d'altronde chiaro che passeggeri e sacerdoti (oltre un migliaio) profondamante intenti a salmodiare, di niente si accorsero, non restava che avvertirli.
Giunti presso il pontile d'inbarco, avvenne la sciagura , la grossa mole del Lecco si inclinò di botto sul fianco destro, e a poco a poco , fra gli urli e il panico dei gitanti s'immerse, fu una scena straziante, donne bambini e vecchi finirono in acqua prim'ancora che altre barche e battelli potessero raggiungerli, vi annegarono solo alcuni passeggeri e un barcaiolo accorso a salvarli.
Dopo l'inchiesta, che per ragioni politiche non colpì i veri responsabili, ne sarebbero andati di mezzo il vescovo col federale e il podestà, i palombari che subito scandagliarono il fondo ammisero che conveniva demolire il battello, ma la società lariana a cui stava a cuore il battello si rivolse al Gianni che si immerse e tra lo stupore di tutti e dei tecnici presenti disse che secondo lui il battello si poteva salvare ne era certo al punto tale che propose di essere pagato se fosse riuscito nell'operazione.
Due giorni dopo il Gianni ritornò a Como con i palombari Franceschi e Bargellini, il giovane Alberto Bargellini, che avrà tanta parte come palombaro nelle imprese della so.ri.ma. con il famoso Artiglio, debuttò con il Gianni in questa occasione; il Lecco giaceva sul fondo, completamente immerso, coricato sul fianco destro in uno spesso strato di fango, pesava non meno di 120 T., i tre palombari tamponarono con cura le numerose falle, chiusero i boccaporti e recinsero con duemila bidoni della capacità di 200 litri ciascuno tutt'attorno lo scafo, mediante aria compressa a due atmosfere, i bidoni vennero poi svuotati dell'acqua ad uno ad uno, non avevano ancora compiuto il giro, che il Lecco, tra lo stupore generale aggallò come in un gioco di prestigio, un ex colonnello del Genio navale presente
ai lavori confessò di non aver mai visto nè sentito raccontare prima di allora che si potesse recuperare una nave con dei "bidoni", il Gianni riuscì perfino a ripescare il teschio di S.Luigi Gonzaga.
Silvio Micheli nel suo bellissimo libro "L'ARTIGLIO HA CONFESSATO" intitola questo episodio, da cui ho tratto spunto, "QUASI UN GIOCO DI PRESTIGIO IL RECUPERO DEL LECCO"
cheda tecnica del LECCO:
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tpo natante piroscafo-salone
costruttore Escher&Wyss- Zurigo
tipo scafo acciaio prora dritta poppa
ellittica
anno varo 1874
anno rimodernamento 1923
anno demolizione 1937
lunghezza 53 m.
larghezza 11.14
immersione media 1.30
dislocamento 185 T:
portata totale 500 passeggeri (1874)
850 passeggeri (1923)
tipo macchina macchina a vapore a bassa
pressione diagonale
oscillante
potenza 450 HP
combustibile carbone
propulsione 2 ruote a pale
inversione al motore